"Costretto non a far nulla" per 13 anni: ora riceverà 500mila euro di danni
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"Costretto a non far nulla" e licenziato due volte in modo illegittimo. È la storia paradossale di un banchiere, che riceverà quasi 500 mila euro di danni perché l'istituto in cui lavorava lo aveva demansionato, danneggiando così la sua professionalità. La Corte d'appello di Milano (sezione lavoro) ha condannato la banca Credito emiliano ad un maxi risarcimento a favore di un suo dipendente, licenziato due volte - nel 2011 e nel 2018 - reintegrato e mantenuto però in una mansione più bassa rispetto a quella che aveva 15 anni fa. Un periodo lungo di demansionamento che costerà caro all'istituto.
Giornate "senza far nulla"In entrambi i licenziamenti il tribunale di Milano aveva rilevato che di fatto non c'era stata "prova di persecuzione, né vessazione", accertando però un danno nei confronti dell'uomo. Come raccontato dal Corriere della sera i giudici avevano stabilito che il bancario, con un contratto al livello più alto dei quadri e appena sotto i dirigenti, prima del 2009, dovesse tornare in filiale.
Al rientro sul posto di lavoro l'istituto ha mantenuto il lavoratore in una mansione più bassa rispetto a quella che aveva in passato. Alcuni colleghi hanno riferito al quotidiano milanese come il lavoratore per mesi "non faceva nulla", dato che aveva una causa aperta con la banca: "Non aveva compito, né incarichi assegnati". Secondo il legale del lavoratore, Domenico Tambasco, la sentenza della Corte d'appello "ribadisce la dignità del lavoratore e il rispetto della sua professionalità".
milanotoday